L’aereo sta atterrando e sei già tornato la persona che eri prima di partire, o almeno questo, razionalmente, è quello che ti imponi di credere.
Riprendere le fila della propria vita dopo una settimana di emozioni forti non è per niente facile, arrivi a pensare come mai il tempo sembra essere andato al rallentatore (solo una settimana fa? Impossibile..) ma allo stesso tempo alla massima accelerazione per come il tempo è scivolato via come sabbia tra le dita.
Come la sabbia, appunto, che ci stupisce sparpagliandosi sul pavimento di casa quando ci togliamo gli abiti da viaggio, e che vorremmo lasciare ancora lì a ricordarci le dune che abbiamo superato, e che come mi ha detto Lucia, ci ricorderà sempre che adesso avremo la fiducia di poter superare anche altre ben diverse ‘dune’ della vita.
Quindi il viaggio non è finito, la gara ancora meno. Sono tornata a casa da Malpensa alle 15 ed alle 16 30, vestita come ero con la mia maglia di Finisher, mi sono presentata alla marcia Unicef a cui avevano deciso di partecipare le mie allieve di Nordic Walking: mi hanno chiesto dove trovavo tanta energia dopo 100 km di cammino ed una notte di viaggio. Ho risposto che non si trattava di energia, ma di condivisione, il deserto insegna anche questo.
Ma se la nostra guida Sole fingeva di non capire tanto accanimento masochista, noi Finisher sappiamo perfettamente cosa intendo dire.
Non ci siamo mai sentiti soli. Già alla prima tappa ci sorridevamo tastando terreno ed energie proprie ed altrui, dal giorno della maratona eravamo pronti a soccorrerci, scambiarci incoraggiamenti, sorsi di acqua e morsi di anguria, condividere un baobab per le impellenze, aiutarci a smontare e rimontare improbabili ghette antisabbia per svuotare le scarpe… dalla sabbia. Ce la siamo presa sempre e soltanto con i nostri stessi limiti, ma ci siamo anche sempre perdonati.
E poi la gara è andata, proseguita, finita, facendoci sentire davvero tutti campioni (Yurgen docet) e lasciandoci una medaglia come una spada di fiducia per la vita.
Non abbiamo avuto solo questo, ma molto di più: condividere couscous, sabbia, sudore e sangue (delle vesciche..) e non dico che altro ma ci siamo capiti, è stato fondamentale per andare fino in fondo e per costruire legàmi, ma anche solo ricevere un sorriso al mattino presto, una risata nel momento del disagio, un antiinfiammatorio nel momento del dolore (grazie Isa..), una una calza per allontanare i crampi (grazie Monika, grazie Cristian) o quant’altro ci mancava e ci veniva offerto, anche solo un abbraccio all’arrivo di tappa, sono stati mattoni più che regali.
Grazie a tutti. Vi ricordo UNO PER UNO per un motivo speciale e ognuno di voi è stato speciale per me.
Abbiamo avuto uno staff magnifico che ci ha sostenuto al momento giusto ed è stato tra noi per tutto il resto, grazie di cuore. E complimenti.
Grazie Senegal, di avermi offerto le tue strade e di essere entrato nelle mie esperienze di vita con la tua realtà misera e dignitosa, e con i tuoi bambini bellissimi.
E grazie a chi di voi mi ha lanciato un seme… una nuova voglia di avventura!
Un abbraccio da Cinzia
la runner ibrida (fragole e panna come diceva Pepe..)
Cinzia Tenchini